LA FIGURA DEL CHITARRISTA IERI E OGGI

Cari lettori del Metallicomio, siate voi musicisti o meno questo articolo potrebbe certamente suscitare il vostro interesse.
La figura analizzata in questo articolo sarà quella del chitarrista e nello specifico della sua evoluzione nel tempo, citando saltuariamente eventi in particolare per sottolineare determinati concetti.
John Lee Hooker
Esiste un’eterna faida tra due ben distinte parti, che per riferimento chiameremo Old School per la vecchia guardia e New Wave per la nuova generazione di chitarristi. Prima di introdursi in un discorso di questo genere bisogna tenere in considerazione epoche, periodi e pioneristica, bollare un lavoro datato lo scorso trentennio come scadente sarebbe ignobile e toglierebbe spazio ad ogni possibile riflessione possibile. Apriamo le nostre menti e partiamo dall’epoca dei grandi geni della chitarra. Partiamo dagli anni 60, la gloriosa epoca che ha visto crescere il lavoro di Jimi Hendrix, Frank Zappa, John Lee Hooker, B.B. King (già icona chitarristica nel 50), Chuck Berry e tanti altri che tuttavia non cito causa lista infinita. Parliamo di un’epoca in cui parlare di gesti puramente tecnici al fine melodico sarebbe come parlare di cucina moderna ad un cuoco medievale, il virtuosismo non era ancora visto come mezzo melodico, tuttavia parliamo delle prime basi di quasi tutto il resto noto al giorno d’oggi, non si parlerà quindi dei meriti nello specifico di ogni chitarrista, ma di una visione generale di ciò che era la figura del chitarrista ieri ed oggi. Il quesito ancora sottocoperta è quindi : Cosa c’è di così inaccettabile nella New Wave (e simpatizzanti) per i chitarristi della parte Old School (e simpatizzanti) ?  Questa domanda ci porta direttamente nell’età moderna della musica dove generi quali Jazz, Fusion, Rock e Metal hanno raggiunto livelli davvero estremi.

L’Old School non è per nulla priva di nomi davvero blasonati e musicalmente completi, basti pensare anche solo a Frank Gambale ed Allan Holdsworth, dei veri e propri geni inventori ed ispiratori di nuovissime tecniche e strumentazioni, nonché figure d’ispirazione tutt’ora estremamente influenti.
Michael Romeo
Cosa viene imputato dall’Old School alla New Wave ? 
Facciamo un riassunto della scena musicale moderna; il mestiere del musicista non era un mestiere facile negli anni 80, oggi figura addirittura quasi del tutto boicottata dal concetto di lavoro nel senso prettamente retributivo del termine.
Due/tre decadi fa esisteva la possibilità significativa di farsi notare e diventare dei nomi anche mediamente importanti del panorama musicale dell’epoca, l’attività di scouting discografico era sempre all’erta per scovare nuovi talenti, comela figura del session man viva e presente ed un ambiente tutto sommato competitivo ma pieno di collaborazione fra artisti.
Un primo dito puntato è certamente la questione sempre aperta dei musicisti i quali decidono di incidere in studio.
Sono sempre meno, causa costi e progressione della tecnologia sempre più votata all’home recording.
E’ davvero così importante far produrre il proprio lavoro da uno studio di registrazione ? 
Non eccessivamente.
Partiamo dal presupposto che incidere in studio ha un peso morale/qualitativo quasi sempre maggiore di una home recording, soprattutto se affrontata senza un bagaglio di sound engeneering alquanto solido, 
tuttavia il confine fra l’autoproduzione fatta con coscienza e l’home recording penalizzante è davvero sottilissimo.
Chuck Berry
Non è comunque un punto screditante per l’era moderna, esistono interfacce di simulazione le quali emulano la maggioranza dei suoni più amati da tutti i chitarristi e, per chi vuole produrre ed ha tante idee in testa ma pochi soldi nel salvadanaio, spesso piccoli investimenti o un software piratato risolvono questo inconveniente.
Si parla quindi di suoni finti, carenza di sfumature e dinamiche costruite a tavolino con suoni impostati per le varie situazioni specifiche anziché votare per un proprio timbro, da qui si ripresenta di conseguenza il problema di suoni ascoltati mille volti, cosa certamente a favore dell’Old School che vanta una varietà di suoni, sfumature e timbri seconda a nessuno.
Luca Turilli
Altro motivo per il quale non si entra più così di frequente in studio anche per la grande crisi che sta sconvolgendo i nostri giorni, portando alla luce l’evidenza del fatto chela propria musica, salvo rari casi, non paga e non genera così fondi per potersi permettere una studio session professionale.
Ma la qualità del prodotto ? Viviamo nel 2017 e tutti i giorni facendo zapping in rete è possibile arrivare a conoscere chitarristi all’apparenza sconosciuti i quali sembrano venuti fuori da un pianeta diverso dal nostro.
E’ YouTube una piattaforma montata per fare scena ? Non necessariamente, si dovrebbe comunque partire dal presupposto in cui senza una base tecnica e teorica solida non si può certamente dare vita a progressioni interessanti, fraseggi spettacolari con le più disparate tecniche ed influenze, la conoscenza di base quindi è forte in questa generazione affamata di sapere e progresso, è quindi giusto dare una possibilità a questa miriade di chitarristi i quali propongono serie di lavori perfetti al grande pubblico.
Si potrebbe benissimo dire che questi tali provano un centinaio di volte prima di riuscire a tirare fuori quel video perfetto che vediamo, tuttavia sembra un discorso alquanto ovvio, nessuno è nato perfetto e per offrire un prodotto qualitativamente valente spendere del tempo provando un pezzo magari di composizione originale non sembra di certo una cosa grave, anche i grandi del passato non salivano di certo sul palco all’improvvisazione e senza sapere cosa fare.
Jimi Hendrix
La musica è si arte, ma anche intrattenimento e malgrado tutto l’intrattenimento video necessita anche della componente scenica, una produzione brutta non piace a nessuno.
Il virtuosismo da come lo intendeva Frank Zappa è stato portato avanti dal suo discepolo Steve Vai, facendo nascere così la vera e propria divisione del mondo musicale.
Tecnica o Sentimento ? 
Senza una buona tecnica di base non avremmo un’espressione del sentimento, non parliamo di musica primitiva e d’istinto, centinaia d’anni di evoluzione hanno portato a regole, teorie, la cui conoscenza non toglie nulla alla parte melodica la quale è anch’essa in costante evoluzione.
Cosa dice l’Old School sul fraseggio dei chitarristi New Wave ?
Sono cose già ascoltate, artisti già citati avevano già fatto molto o forse quasi tutto di ciò che vediamo adesso.
No.
Vediamo moltissimo virtuosismo al giorno d’oggi, ma prestando maggior orecchio è facilmente intuibile che senza tutto questo virtuosismo non avremmo la spinta verso nuove armonie.
Lunghe sezioni in arpeggio non sono nuove, sono già presenti nella musica classica da secoli, oggigiorno le si riapplicano diventando vecchi gesti per nuovi scopi, non è questa una novità in se ? 
Si, c’è certamente molta similitudine fra i chitarristi odierni, ma come in ogni contesto artistico ognuno ha comunque la possibilità di portare il proprio contributo anche a qualcosa di già sentito, per la semplice ragione secondo la quale ognuno di noi è diverso e possiamo potenzialmente intendere la stessa cosa in dieci, cento, mille modi diversi.
Boicottare la New Wave per gli estremi gesti tecnici non sarebbe corretto, non solo verso i ragazzi che tuttavia continuano a sviluppare una tecnica sempre più formidabile dal punto di vista armonico, del fraseggio e della pulizia d’esecuzione, ma anche verso tutto lo studio e la sperimentazione che a portato a tutto ciò che vediamo oggi.
Non tutti utilizzano interfacce virtuali per creare il proprio suono e non tutti suonano uno shredding senza senso.
Jeff Loomis
Il chitarrista di oggi è il risultato di chi non accetta i propri limiti e non si accontenta del presente ed ha sempre un occhio al futuro facendosi comunque carico dell’esperienza del passato.
Come erroneamente spesso si fa luogo comune c’è molto rispetto per i nomi più famosi della musica. la nuova generazione di chitarristi ha un profondo rispetto per l’Old School e i traguardi raggiunti dai grandi del passato ma preferisce in ogni caso portare avanti contesti moderni i quali rappresentano la loro stessa sopravvivenza musicale. In fin dei conti una faida alquanto sciocca, le vecchie generazioni dovrebbero supportare le nuove nella scoperta e nell’impegno anziché gridare al “già sentito”. Non aiuta un panorama musicale già depresso da agenzie sfruttatrici, case discografiche a caccia del mero profitto spietato, società che non riconosce la figura del musicista e tutti i problemi conseguenti.

Marco "Artic" Spera


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